Appelli per salvare vite
Di come sia facile associare una malattia a un volto o un nome, ma non dare uguale rilevanza a tutti i malati.
In questo articolo:
Di appelli sui social media e dintorni
Donare, donazione
Malati invisibili?
Salute e propaganda
Di appelli sui social media e dintorni
Inizio a scrivere queste righe il 28 febbraio 2024. Il Governatore della Regione Veneto ha pubblicato qualche ora fa sui suoi profili social, per la seconda volta, un accorato appello affinché i giovani locali si rechino presso la sede loro più vicina dell’ADMO (Associazione Nazionale Donatori di Midollo Osseo), nella speranza di trovare presto un donatore compatibile con un ragazzino di 14 anni che da poco ha avuto una ricaduta con la sua malattia del sangue e ora necessita di un trapianto di midollo. Grazie, Presidente. Pochi giorni fa, un appello simile l’aveva lanciato anche per un altro giovane veneto con la stessa necessità. Grazie, Presidente, di sfruttare la sua visibilità e la sua base di consenso per muovere le masse per due persone.
Se non fosse che, così facendo, il vero messaggio che passa è che ci sono DUE persone ogni tanto ad aver bisogno di un trapianto di cellule staminali emopoietiche. Che se un cittadino rientrante nei criteri di idoneità per la donazione del midollo, ALLORA la ricerca di compatibilità si farà SOLO per quel ragazzino e SOLO sui candidati dell’ultim’ora che vogliono salvare LUI e solo lui.
Presidente, io odio usare il maiuscolo nello scritto, ma Lei me le sta cavando dalla bocca, come si dice qui da noi.
do|nà|re
v. tr. e intr. [lat. dōnare, der. di donum «dono»] (io dóno, ecc.). – 1. tr. a. Dare ad altri liberamente e senza compenso cosa utile o gradita: d. un anello alla fidanzata; gli ho donato un libro per il suo compleanno; fig.: d. il cuore, donare tutto sé stesso, dare tutto il proprio affetto; io ho quel che ho donato (motto di G. D’Annunzio) […]
Donare, donazione
Una definizione dal vocabolario ancora non può racchiudere l’immensità del significato del verbo donare. Chi dona non aspetta niente in cambio. Si può, certo, donare qualcosa a una persona specifica. Tuttavia, in contesto di donazione medica tramite associazioni con determinati scopi (AVIS, ADMO, solo per citare quelle pertinenti al tema di cui tratto) pretendere che il proprio bene venga ricevuto, eventualmente, esclusivamente da una certa persona farebbe perdere totalmente il senso di disinteresse e gratuità del gesto della donazione stessa.
Anche le mie amiche più intime, quando hanno saputo della mia diagnosi e del probabile percorso che mi aspettava, mi hanno subito chiesto se sarebbe stato utile che loro facessero un test di compatibilità con me. E io, che all’epoca ancora non sapevodi avere già un familiare compatibile, ho risposto di no, che se volevano mettersi a disposizione lo avrebbero dovuto fare con la consapevolezza che un giorno, forse, sarebbero state chiamate per una compatibilità con un perfetto estraneo.
Può essere, quindi, a volte persino controproducente e dannoso lanciare appelli “urgenti” per una persona di cui si rendono noti nome e storia, senza aggiungere il “piccolo” dettaglio che mettersi a disposizione per donare vuol dire farlo per chiunque, a prescindere, finché si è idonei (ça va sans dire che la donazione è sempre volontaria e il donatore può sempre revocare il suo consenso).
Se già spiegare a un parente o un amico la tua situazione è complicato, figuriamoci se l’utente medio dei social media si sforza di fare anche delle ricerche e capire il messaggio dell’appello, quando la comunicazione viene passata volutamente in un certo modo. Non c’è da stupirsi, infatti, che poi i comitati ADMO locali abbiano da un lato colto la palla al balzo per la visibilità e, dall’altro, dovuto precisare e chiarire con molti utenti le informazioni poco trasparenti trasmesse dall’appello di Zaia.
Io lo so, caro Presidente, che il Suo lavoro non consiste nel fare attivismo per conto delle associazioni di pazienti e familiari, né tantomeno quello del portentoso team di comunicazione che ha trasformato i suoi profili social in un’agenzia di stampa h24 negli ultimi anni. Ma se davvero volete fare del bene, cercate anche di non fare danni.
Malati invisibili?
Certo, non posso pretendere che un governatore o un’associazione si prodighino in appelli accorati ogni volta che un nuovo paziente, purtroppo, si trova ad affrontare un percorso di trapianto di midollo osseo. E, infatti, il bello è che il sistema è già rodato e funziona silenziosamente, ogni giorno, scansionando registri internazionali di donatori e riceventi in lista di attesa, nella speranza di poter dare a ogni malato un’altra possibilità.
E certo, fa commuovere molto di più la storia di un ragazzo giovane che quella della mia prima compagna di stanza, una signora sulla sessantina andata in pensione da poco. Ma la malattia non fa distinzione di età, storia, carattere, fragilità. La malattia non ci vede, colpisce alla cieca e fa soffrire tutti. Potremmo ragionare cinicamente in termini di probabilità di sopravvivenza, però non è questo il punto quando si parla di donare o quando i medici propongono un trapianto come unica soluzione terapeutica con maggiore probabilità successo. Le possibilità di guarigione ci sono per il paziente di 15, 30 e 65 anni.
E siccome ogni vita vale in quanto unica e irripetibile nella storia umana, un candidato donatore deve mettersi nell’ottica che può salvare tanto un bambino di pochi anni quanto qualcuno alla soglia dell’anzianità, che l’età del ricevente non conferisce maggiore o minore dignità al suo bisogno di essere curato. Che conoscere o non conoscere l’identità del ricevente non toglie nulla alla bellezza di donare un po’ delle proprie cellule, tanto più cellule che si rigenerano e di cui una persona sana non ha bisogno.
Dunque, come per tante altri temi, ognuno è libero di scegliere per quali cause battersi. Al contempo, cerchiamo di essere meno schiavi del sensazionalismo e delle ondate emotive provocate da un singolo evento. Iniziamo a vedere le cose nell’ottica di un quadro più grande. Se davvero la storia di qualcuno ci colpisce (non sto parlando di me o solo dei pazienti ematologici), andiamo a fondo degli argomenti con interesse sincero. Valutiamo attentamente quanto due, tre ore del nostro tempo, speso tra informarsi e magari recarsi di persona presso un ente per registrarsi, valgano contro la possibilità di salvare una vita, di un ritorno per qualcun altro non in termini di ore, ma di settimane, mesi, forse anni in cui potrà ricominciare a conoscere una nuova normalità che gli è stata tolta. Agiamo subito, non rimandiamo alla prossima lacrimuccia che ci scende con un’altra storia.
Salute e propaganda
Ne approfitto per togliermi un ultimo sassolino dalla scarpa.
Non mi è sfuggito, anche prima di diventare io stessa una malata oncologica, che il Governatore del Veneto, seguito a ruota da certi suoi colleghi, non perde alcuna occasione per fare sfoggio dei risultati, su piani diversi, della sanità regionale.
E lanciare appelli per questo o quel paziente o celebrare un’importante operazione sono sempre occasioni ghiotte per far vedere il prodigarsi del sistema per gli utenti. Ecco, sicuramente siamo grati che gli ospedali, di concerto con le associazioni, riescano a trovare, nel caso del midollo osseo, almeno un possibile donatore. E che ci siano fondi pubblici per far funzionare il tutto. Ma non è un sistema chiuso e limitato alla Regione Veneto né al Paese Italia.
Magari farebbe più bella figura a prendersi, umilmente, solo i meriti che gli spettano, invece che metterci la faccia su tutto.
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Senza tanti giri di parole o per meglio dire senza peli sulla lingua, hai messo in luce una realtà che per noi comuni mortali, con il prosciutto sugli occhi facciamo fatica a capire se le questioni non vengono "sbriciolate" Come tu hai fatto. Anche oggi ho imparato qualcosa di nuovo. Grazie Eleonora per le perle di saggezza che continui a "DONARE"❤